Donne e limoni, storia e tradizioni nel borgo di San Pietro


Durata: 60 minuti – Difficoltà: Media (con scale)

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Tour : Corso Reghinna – Cartiere – Chiesa San Pietro in Posula – Via Castello – P.zza Castello – Via Ercole – Chiesa di San Domenico.

Per poter gustare una visita nel cuore più antico di Maiori, imboccate il Corso principale con i suoi negozi e i suoi profumi, vero e proprio centro commerciale della città. Da qui inizia la vostra avventura nella vita del borgo!!

Attraversate la via principale e proseguite per altri 500 m. : vi troverete difronte ad una delle più antiche industrie cartiere della repubblica amalfitana. Era il luogo in cui gli antichi abitanti di Maiori producevano la carta. Il processo era semplice : dopo aver messo a macerare acqua e cellulosa, si passava l’impasto sotto una pressa e poi si metteva ad asciugare sui cosiddetti “spannature”, dei pali di legno su cui venivano stesi come dei panni (da qui il nome spannature) le fibre di cellulosa che costituivano il foglio. I territori delle Repubbliche marinare sono i primi in cui, nel XII e XIII sec., si scoprì l’esistenza della carta. Grazie ai rapporti commerciali con l’oriente essi ebbero la possibilità di imparare l’arte di fabbricare la carta e in alcuni comuni della costiera amalfitana si svilupparono innumerevoli cartiere, nel caso di Maiori ben 12.
Lasciatevi alle spalle la cartiera e attraversando il ponte del fiume Reghinna, sarete immersi all’interno di uno dei cinque villaggi dell’antica città di Maiori, dove troverete la Chiesa di San Pietro Apostolo, al centro della borgata omonima. Fondata dall’aristocratico amalfitano Sergio, figlio di Orso Comite di Amalfi nel sec. X, si racconta che sia la costruzione religiosa più antica del paese.
Per un attimo chiudete gli occhi..siete nel 1416 : la Regina Giovanna II d’Angiò avanza nella chiesa di San Pietro in Posula per ascoltare messa in occasione delle sue seconde nozze con Giacomo di Borbone.
Ma uscendo dallo scenario storico quattrocentesco, sarete assorbiti da quello della vita laboriosa della borgata, con i suoi occhi, le sue braccia, i suoi odori, i suoi fiori e frutti delle colture più antiche del territorio.
Se sarete fortunati potreste incontrare i “Contadini volanti”, così chiamati dalla giornalista Flavia Amabile, che con casse piene di limoni si accingono a trasportarli su e giù per i numerosi gradini che portano al Castello. Un tempo erano le donne a trasportare le pesanti sporte di limoni, alleviando il loro peso, ponendo sulla testa il cosiddetto “Ciuffo”, un cuscino ricoperto di iuta, mentre intonavano canti popolari.

Come scriveva il nostro poeta Peppino di Lieto : …A meta’ del Settecento riscoprirono ‘o limone “cca che ‘o clima e’ molto buono se po’ fa ‘na produzione” ‘o pensarono e decisero: “nun turnammo certo arret’, si tinimmo poca terra ‘e piantamm’ ‘ncopp’ ‘e pret!” E squarciaron’ ‘e muntagne, fabbricann’ ‘e macerine poi regnennele cu ‘a  erra r’ ‘e campagne a nuje vicine; arrivava su una barca che attraccava a ‘o Vignariello e li femmene ‘a carriavan oltre ‘e torr’ d’o Castiello. E piantarono i limoni con sistema originale, sostenendoli co’ ‘e perteche, in un modo assai geniale; e ‘sti perteche arrivavano sui traini a ‘o Vignariello e li femmene ‘e carriavano oltre ‘e torr’ d’o’ Castiello…
Sarete travolti da un avvolgente profumo che vi accompagnerà ai terrazzamenti di limoni, eccellenza gastronomica del nostro territorio. I limoni segnano il nostro paesaggio, attraversato dalle coltivazioni a terrazzamento, chiamati “giardini”. Furono gli arabi a soccorrere le nostre popolazioni quando nel 1200 i traffici marittimi cominciarono a diminuire, insegnandoci le tecniche di coltivazione, di irrigazione e di costruzione dei terrazzamenti. La coltivazione dei limoni sostituì quella dei vigneti, oliveti e carrubeti.
Terrazzamenti costruiti dalle braccia dell’uomo, solo uomo e natura. E’ proprio questo che vi colpirà in questo borgo, più dell’infinità del  mare, più delle cupole maiolicate, è l’amore dell’uomo per la sua terra, che negli anni ha rimodellato l’ aspro territorio, come uno scultore con la sua pietra.
Spunta tra i terrazzamenti il Castello di San Nicola de Thoro Plano, secondo alcuni storici iniziato dopo la morte di Sicardo duca longobardo di Benevento nel’840 per difendersi dalle scorrerie dei pirati.
La fatica delle scale vi regalerà uno scenario irripetibile della Maiori vista dall’alto, con le sue case, monasteri, palazzi nobiliari e chiese.
Arrivati alla piazzetta dell’omonimo castello Trovate i cosiddetti “lavature” (lavatoi), strutture in pietra che servivano alle donne per lavare i propri affari. Immaginate queste donne come tante “furmuchelle” (formiche laboriose) che da tutto il borgo, con i recipienti sulle spalle, raggiungevano le fonti da cui sgorgava l’acqua, non avendone nelle proprie abitazioni.
Prestate attenzione alle scale sulla destra della piazzetta..è Via Ercole che vi condurrà per una stradina stretta tra agglomerati di case e passaggi tra limoneti, dove potrete toccare con mano il frutto “giallo” e inebriarvi con il profumo dei suoi fiori. Alla fine della strada vi troverete di fronte al complesso della Chiesa di San Domenico. A costruire l’edificio, fu un patrizio maiorese di nome Leonardo Russo, il quale scampò miracolosamente alla peste del 1650.  Si ritirò nel convento domenicano di S. Maria della Porta di Salerno vestendo l’abito dell’Ordine, e decise di donare tutti i suoi averi all’ordine di S. Domenico per fondare a Maiori un convento con il nome del SS. Rosario.
Questo tuffo nella vita del borgo vi mostra le tradizioni, i profumi, le passioni e il lavoro della cittadina maiorese.